Autore: Lidia Massari

  • Handicappato chi?

    Handicappato chi?

    Qualcuno si ricorda come chiamavamo, da piccoli, Clara, l’amichetta di Heidi?
    Di sicuro non “disabile”. Forse Clara, forse handicappata.
    Mio padre, classe 1938, ha sempre chiamato quelli che appartengono a questa categoria “infelici” (spesso con l’aggiunta dell’aggettivo “poveri”).
    La legge quadro sull’handicap (la 104 del ’92) parla appunto di handicap, parola, soprattutto nella forma handicappato, che appare ai più imbarazzante, o lesiva. Ormai “handicappato” lo senti dire solo da un ragazzino delle medie che voglia usare un insulto a bassissima carica offensiva, o sulla bocca di un disabile, cosa che fa l’effetto di un ebreo che racconta barzellette sull’Olocausto.

    In realtà “hand in cap” indica una penalità preventiva che veniva data al cavallo ritenuto superiore. In Italia diventa comune negli anni ’70, quando soppianta storpio, infelice, mongoloide (nella sparizione di questi termini c’entra la sparizione delle classi differenziali). Ma handicap non è una parola negative, perché non ha nulla a che fare col deficit. L’handicap è la difficoltà che il soggetto incontra, non la sua menomazione. Se voglio entrare in un pub a farmi una birra, e ci sono tre gradini, sono handicappata dalla struttura architettonica. Se c’è una rampa, mantengo il mio deficit, ma non sono più handicappata. L’handicap riguarda il contesto e non si concentra sulla persona. Disabile è una parola che sembra corretta ma in realtà contiene una discriminazione, perché mette l’accento sulla negatività. Non cambia molto (anzi, forse peggiora la situazione) l’espressione “diversamente abile”, coniata nel 2011.

    E comunque non si dovrebbe dire “i disabili”, come nessuno parlerebbe seriamente di “more” o “bionde” riferendosi alle donne, a meno di non voler essere tacciati di sessismo. Le persone disabili non sono una categoria uniforme nella quale si finisce per effetto di una malattia o di un incidente, e che provoca un misto di pena e ripulsa.
    Le persone sono persone: con gli occhiali, con i capelli rossi o con disabilità.

  • Il mio nuovo viaggio con Bookingbility

    Il mio nuovo viaggio con Bookingbility

    Tutto cominciò in una calda mattina di agosto del 2010: stanca dopo un inverno difficile, fisicamente provata, avevo bisogno di cambiare aria. “Bene -mi dico- andiamo a Firenze. In treno”.
    Non ho idea di cosa fare, come muovermi. Mi muovo in carrozzina da pochi mesi, ma non ho fatto grandi cose: lavoro casa spesa dottori. Per fortuna posso guidare, ma una cosa è chiare: la vita non è più quella di prima.

    Firenze, allora. Ma come?

    Primo passo: cercare notizie sul trasporto disabili di Trenitalia. Trovo il numero della Salablu, non senza difficoltà, telefono: più di mezz’ora per organizzare la cosa. Nei successivi cinque anni la procedura migliorerà, e anche i servizi. Arrivo a Firenze, decido di prendere un taxi per arrivare fino agli Uffizi. Al tempo avevo una carrozzina pieghevole, ingombrante e scomoda, per quanto superleggera. E, naturalmente, senza motore. Scopro che il lastricato fiorentino è rimasto quasi ovunque più o meno com’era nel Rinascimento: baratri fra una lastra e l’altra della pavimentazione, buche, dislivelli in cui si incagliano le ruote. Agli Uffizi riesco a saltare la fila, ma per arrivare alla cassa c’è una rampa che rampa non è, impraticabile da sola. Poi, una volta dentro, si spalancano le porte della bellezza, e tutti i disagi svaporano. Ritrovo me stessa, rinasco. Sono dove volevo, dove volevo essere da tanto tempo, dove pensavo di non poter più essere.
    E dopo Firenze, Roma. E poi Vienna, Parigi, Londra, e quasi tutta l’Europa. E l’Italia, anche, con quella macchinina che sembra un giocattolo e che negli ultimi anni mi ha consentito di esplorare paesi e montagne.

    Scoprire nuovi orizzonti è diventata la mia droga, la mia medicina. Saltare in auto, prendere un treno o un aereo, prenotare l’albergo giusto, capire al volo se il trasporto pubblico va bene per me, è diventato un gioco. E adesso, con questo blog, il gioco si fa serio, perché è arrivato il momento della condivisione.
    Parleremo di viaggi, mobilità, persone, strutture comode per tutti; e spero che in tanti vorranno unirsi a me in questo viaggio nuovo che comincia da qui.
    Buona strada!